#7 SE ANCHE GLI ASINI SCRIVESSERO BENE Per la serie “Cogito ergo … scrivo!”

Pensavo alle email che ricevo, quelle lavorative. Non è vero che sono i dipendenti i più perseguitati dal fisco illeggibile. C’è chi sta peggio: gli asini. A forza di non leggere e di non scrivere si stanno decuplicando in maniera esponenziale. Tutto ha preso avvio con una letterina ricevuta mesi addietro. Mi sono accorto che i rassegnati quadrupedi tendevano a infarcire di orrori le proprie epistole. La maggior parte non riesce a capacitarsi della differenza tra una congiunzione e un verbo mentre altri, mostrando i denti, annaspavano di ripetizioni annacquando di “che” polivalente lunghissime email scritte per allietare la mia vista. Outlook, data la reiterazione degli orrori, non riuscendo a incastrare i malandrini, si è rivolto, per avere informazioni in merito, al Ministero dell’Istruzione, i cui funzionari hanno agito con straordinaria prontezza. Per cominciare hanno stabilito tre tipi di multe: “lusso”, “semilusso” e “base”. Ma come si distingue un asino di lusso da uno base? Gli esperti ministeriali, nella risposta, hanno sfoderato competenza e brillantezza. “Ai fini del pagamento delle multe per gli orrori commessi” – hanno detto – “gli asini vanno classificati in rapporto alla loro razza e al rapporto con i libri; pertanto gli asini appartenenti a razze pregiate e quelli tenuti per spirito affettivo sono da classificare nella prima delle tre fasce”. A questo punto qualcuno potrebbe intendere che per pagare meno multe sia sufficiente prendere a calci l’asino in modo da dimostrare che non gli si vuol bene … La faccenda si complica e per sbrogliarla, i competenti hanno specificato che “gli asini da traino, se sprovvisti di regolare licenza, sono da considerarsi di lusso e multati di conseguenza”. Si da il caso che alcuni asini, pur di fregare il lettore, si spaccino per scrittori malgrado non ne abbiano i titoli ma anche questi mascalzoni sono stati sistemati. Per fare un esempio, l’asino del congiuntivo non può considerarsi da guardia in quanto potrà al massimo funzionare come avvisatore dell’apostrofo. Insomma … non riesco ad assuefarmi ai vari apparteappostoalmenoche e compagnia bella, parole che collidono come continenti a formare nuove “terre”. Per contro, mi capita di incontrare la voglia di indipendenza: in siemein sommatutt’ora. Lasciamo da parte finezze come l’apostrofo che a volte c’è (qual’è) e a volte non c’è (un ). C’è poi tutto il capitolo dedicato ai pronomi personali, dove non si sa cosa sia il femminile ed il maschile (ho incontrato la titolare e gli ho detto…). In una domanda un collega chiedeva se fosse più corretto dire “è tutto apposto o a posto”. Io risposi che apposto è il participio passato del verbo apporre e che quindi era corretta la seconda. Un altro collega mi scrisse: “Ma chi è quell’ignorante che dice a posto? Vergognati, torna a scuola! Ahahahah!!”. L’altro ieri un altro collega mi scriveva pedissequamente: “ai il 32 samsung di primo prezzo”; No rispondevo, e ancora “e allora ai il Telefunken?”. Ho qualche H, la vuoi? Quando è troppo … Non so quanto costerà agli editori quest’ultimo intervento anche se immagino parecchio: riunioni, dibattiti, spese di stampa e così via. Ma riconoscendone pienamente l’utilità esorto il Ministero dell’Istruzione ad insistere magari multando anche i pesci rossi che, diciamo la verità, deludono come guardiani dell’aggettivo per non dire come avvisatori del pronome. Se poi, affettività a parte, anche gli asini-asini venissero multati, e stando ai ragli dovrebbero essercene parecchi nelle nostre mail, il passivo erariale verrebbe appianato di colpo.

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