Botta&Risposta con Marco Celeschi

Architetto di formazione, imprenditore di professione, saggista per dovere morale: è Marco Celeschi, il primo scrittore a rispondere al nostro nuovo format –botta&risposta –spontaneo, giocoso e alle volte un po’ irriverente con cui vogliamo svelare, senza troppo scoprire, i nostri ultimi progetti editoriali.

Autore della pizza più cara d’Italia e di un libro, fresco di stampa – Pizza quanto ne sai veramente? – Celeschi denuncia “da dentro” le sette false bugie alimentari che distruggono il mercato della ristorazione, creando terrorismo tra i consumatori. In attesa che esca un’intervista più lunga e dai toni più seri, alimentiamo la vostra curiosità con questa dallo stile più sintetico e asciutto e dai toni più colloquiali.

Dove sei nato? Dove vivi e in quale città vorresti essere adesso?

Sono nato a Catania, in Sicilia, estremo Sud d’Europa, e non c’è in particolare una città in cui vorrei essere adesso. Diciamo che ho curiosità per tutte, ma per nessuna in particolare. Sono un nomade stanziale: quando viaggio, cosa che faccio di rado, lo faccio più che altro per avere un posto e una quotidianità cui tornare.

Tre aggettivi che ti caratterizzano

Introverso, pacifico (più che pacifista), ossessivo.

Tre verbi che descrivono il tuo modo di essere

Fare, tentare, ascoltare.

Tre sostantivi senza i quali non potresti vivere

Architettura, donna, natura (non necessariamente in quest’ordine).

La prima parola che hai detto?

“Mamma” o “papà”, suppongo, ma no, forse era un’inequivocabile “pappa”.

Il mestiere dello scrittore è…

Trovare un pretesto per scrivere di sé. So che può essere considerato moralmente riprovevole, come se fosse un eccesso di narcisismo e di egoismo ma, alla fine, qualsiasi buon libro cela un’autobiografia, a volte anche dolorosa.

Il libro che non avresti mai voluto leggere?

Uno dei tanti noiosissimi libri che mi sono dovuto sorbire all’università: per ritrovare il piacere di leggere me ne sono dovuto dimenticare, come sono riuscito a fare dei loro autori.

Il libro che vorresti non avere ancora letto?

La solitudine dei numeri primi, di Paolo Giordano

Uno scrittore che avresti voluto conoscere

Jack London, perché incarna perfettamente quel tipo di scrittore che, come dicevo prima, racconta, sotto forma di romanzo, la vita vissuta con poco bagaglio nello zaino e, in apparenza, senza porsi e porre troppe domande. Per me è un mito senza tempo.

Un personaggio letterario che avresti voluto essere

Don Chisciotte, di cui resta proverbiale la lotta contro i mulini a vento. Che non è solo simbolo del conflitto, impossibile da vincere, con l’incommensurabilmente grande. Ma, più che altro, dell’ uomo che ama tanto l’avventura da essere disposto a inventarsela. Quando Don Chisciotte ritorna ad essere il mediocre don Alonzo Chisciano, muore.

Uno scrittore che inviteresti a cena

Gabriele D’Annunzio. C’erano altri geni tra i suoi contemporanei, ma è stato sicuramente il più bravo a costruire la sua leggenda. Per vendere più copie di una sua raccolta di opere arrivò perfino a inventarsi comunicati stampa che lo davano per morto a seguito di una caduta da cavallo! Un vero maestro nel marketing di se stesso che, come sappiamo, oggi è fondamentale. Mi sarebbe piaciuto chiedergli qualche consiglio.

Un personaggio letterario con cui ti sbronzeresti

Sono completamente astemio, quindi non potrei rispondere… ma se potessi declinare la domanda in qualcosa del tipo: “con chi andresti a cena”? Beh, direi senza dubbio Cenerentola: giovane, bella ed elegante ed ha pure il grandissimo pregio di sparire a mezzanotte!

Il miglior scrittore di tutti i tempi

Omero, di cui tutto ciò che si sa è leggenda.

Il giorno più incredibile della tua vita?

Ho avuto un’infanzia dorata. Giocavo nella campagna di mio nonno con i figli dei contadini, avventure fantastiche e intrise della magia della natura e dei suoi cicli. Darei tutto quello che ho per rivivere uno solo di quei giorni.

Il giorno più impossibile della tua vita?

Un brutto giorno del 2008 in cui mi è stato diagnosticato un melanoma. Da quel momento, temo, più di ogni altra cosa, l’idea di sprecare il tempo che mi resta, infatti corro, corro sempre a inseguire qualcosa o qualcuno. Non ho ancora trovato la quadratura del “cerco”.

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