Critica a rights of man di Thomas Paine
con un saggio introduttivo di Salvatore Vaiana
Anno | |
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Pagine | 128 |
Caratteristiche | Brossura |
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Autore | |
Collana |
13,90€
Critica a rights of man di Thomas Paine
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Critica a Rights of Man di Thomas Paine viene pubblicata in occasione di una ricorrenza storica di rilievo, il 240° anniversario della Declaration of Indipendence, 1776 degli Stati Uniti, la cui «egemonia» economica, politica e culturale – ma non militare – oggi viene messa in discussione dall’affermarsi di nuove potenze nell’odierna dimensione globale, la quale così va configurandosi sempre più multipolare rispetto a quella unipolare che sembrava imporsi dopo la fine del bipolarismo Usa-Urss che caratterizzò il «Secolo breve».
Il saggio è un’analisi puntuale del classico di Thomas Paine, Rights of Man (1791-92), che – nella dinamica analitica – viene contestualizzato nella sua opera omnia, con riferimenti particolari a Common Sense (1776) e Agrarian Justice (1796). Esso è svolto in un confronto critico serrato con le opere più note su Paine, opere in lingua straniera di autori come Best, Conor O’ Brien, Cole, Collins, Dos Passos, Foner, Kramnick, Roger, Williamson, Woodward, e in lingua italiana di autori come Vittorio Gabrieli e Tito Magri. In particolare quest’ultimo studioso è utilizzato dall’autore per la sua analisi della teoria painiana dei diritti dell’uomo alla luce di alcune categorie interpretative marxiane.
È un lavoro con aspetti filosofico-giuridici quando avanza una critica marxista al giusnaturalismo painiano. Fontana, infatti, rileva «due filoni principali di analisi e di interpretazione» di Rights of Man: il primo, «liberale e radicale», considera l’autore «un precursore della democrazia moderna» e un teorico del «giusnaturalismo moderno», secondo cui «i diritti della Dichiarazione [del 1789] (libertà, proprietà, uguaglianza) spettano all’individuo indipendentemente da qualsiasi rapporto sociale»; il secondo, ritenuto «più completo», analizza l’opera alla luce del pensiero di Marx e ha, come scrive Magri, «di mira il giusnaturalismo (e il liberalismo)», ma «solo in quanto si configura come particolare sistema storico di potere». Sono due filoni di pensiero che si proietteranno nella stesura della Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948.
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