Ci sono vite difficili da raccontare come quella di Gioacchino Cataldo, rais della tonnara di Favignana. Cerchi l’uomo e ti imbatti nel mito: lo sciamano del mare, il pescatore di tonni che ha avuto molti nomi come Nettuno, Il Lungo e poi è stato chiamato solo con il più nobile di tutti nel Mediterraneo: rais sulla terra e sul mare. Scegli il mito e trovi il ragazzino che sfugge al destino di cavatore di tufo ed entra a quattordici anni allo stabilimento Florio per pestare le viscere dei tonni. Il ragazzo che dopo il militare al Nord fugge da una Favignana opprimente per emigrare in Germania. E ancora l’uomo che ritorna per essere quello che aveva sempre voluto essere: un tonnaroto.
Poi le storie si mescolano: il sogno si avvera, diventa rais, custode di una tradizione ancestrale, ma proprio mentre le tonnare di tutta Italia stanno chiudendo. E allora si trasforma in un ambasciatore mediatico di quella ritualità e lotta con tutto se stesso perché la tonnara continui a essere calata e la tradizione continui a vivere.
Nel 2006, viene iscritto nel Registro Eredità Immateriali secondo i protocolli Unesco come “Tesoro umano vivente”, ma l’anno successivo alla sua consacrazione perde la sua guerra: la tonnara chiude. E allora questa non è una biografia, ma il racconto di un inseguimento tra l’autore e il protagonista che termina tra luci e ombre in una spiaggia siciliana dove si aggira un moderno Aiace.
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