Come aiutare i minori in caso di separazione dei genitori: la parola a Giovanni Salerno

Il diritto di non soffrire.
Sono sempre più numerose le coppie, sposate o conviventi, che scelgono di separarsi e non sono pochi i casi di separazione che coinvolgono anche i minori della coppia. Se è vero che l’istituzione del matrimonio sembra attraversare una profonda crisi e il rapporto di coppia ha smesso di seguire l’ideale del “per sempre” è anche vero che non possiamo smettere di tutelare i più fragili.

Ecco perché abbiamo chiesto a Giovanni Salerno, autore del saggio Separazione e bigenitorialità quali sono i passi da non sottovalutare in caso di separazione per aiutare i più piccoli a vivere questo momento nel modo meno traumatico possibile.

Durante la pandemia c’è stato un aumento notevole dei divorzi e delle separazioni, a cosa è stato dovuto? Quali sono state le conseguenze sui minori?

L’avvento del Covid ha sicuramente modificato i ritmi di tutti, famiglie incluse.

La Pandemia ha lasciato strascichi importanti non solo dal punto di vista della salute e dell’economia ma, dati alla mano, si è registrata anche una notevole impennata nelle richieste di separazioni e divorzi. La causa di ciò è sicuramente da ricercare nella convivenza forzata del lockdown che ha inasprito i rapporti, facendo emergere dissapori o amplificando quelli già esistenti, celati dagli impegni della vita quotidiana.

Chi ha subito maggiormente le conseguenze di tali separazioni sono stati sicuramente i figli di tali coppie.

Questi ultimi nel periodo del lockdown, già provati dall’isolamento e dalla privazione delle relazioni sociali con i propri coetanei, si sono ritrovati nei casi più gravi anche spettatori di violenze verbali e fisiche tra i propri genitori, con notevoli ripercussioni sul loro benessere psico-fisico.

Nel suo libro parla di un aumento anche dei figli nati fuori dal matrimonio, come mai ci si sposa sempre meno e che differenze ci sono tra la separazione di una coppia di fatto e una coppia sposata?

Le ragioni che conducono una coppia a non sposarsi possono essere molteplici.

Queste possono rinvenirsi nella volontà della coppia di convivere in un primo momento per conoscersi meglio e fare quindi una “prova” per capire se la scelta del partner è quella giusta, oppure possono ravvisarsi ragioni oggettive che inducono a posticipare tale scelta per mancanza di una concreta stabilità lavorativa e/o economica che consenta di fare tale passo, o ancora per cautela affettiva, in quanto legarsi “indissolubilmente” ad una persona richiede una fiducia reciproca di una certa entità.

Il timore e l’incertezza del futuro rimane comunque il minimo comune denominatore di tutte le motivazioni anzidette. La paura del fallimento del matrimonio e la “libertà” che discende da una semplice convivenza- senza alcuna implicazione giuridica-spinge, forse sempre di più, verso tale ultima scelta.

Non esistono infatti procedure per sciogliere un legame di fatto tra due conviventi, mentre sarà sempre necessario ricorrere al Giudice o ad una procedura di negoziazione assistita per rompere il vincolo matrimoniale.

I conviventi potranno tornare ad essere dei perfetti sconosciuti, limitandosi tuttalpiù ed ove necessario a regolare eventuali comproprietà. Ovviamente, tale circostanza può verificarsi solo in assenza di figli, poiché, nel caso opposto, il collocamento, il diritto di visita, l’affidamento, e il mantenimento sono tutte circostanze che devono essere regolate, con o senza vincolo matrimoniale fra i coniugi.

Quali sono le conseguenze più comuni tra i minori in caso di separazione dei genitori?

Le conseguenze più importanti del fallimento del rapporto fra i genitori si riverberano senza dubbio sui figli minori. La separazione rappresenta sicuramente un’esperienza ad alto impatto emotivo.

Non sempre, tuttavia, la separazione dei genitori è traumatica per i figli. Talvolta è più la conflittualità della separazione, che la separazione in sé, a creare turbamenti nei minori producendo effetti negativi sul loro benessere.

Spesso il minore non riesce ad elaborare la “perdita” di uno dei genitori, i motivi del cambiamento e della rottura familiare, e attribuisce a sé la fine del legame genitoriale. Fondamentale, in tali casi, è la cooperazione fra i genitori, la capacità comunicativa e il dialogo.

Atteggiamenti strumentali di squalifica dei genitori l’uno verso l’altro assumono i connotati della violenza assistita nei confronti dei figli, con conseguenze importanti quali disturbi comportamentali e scolastici o angoscia.

È giusto che ci sia una scontata preferenza per la custodia esclusiva da parte della madre?

Ritengo che i figli abbiano diritto di trascorrere equamente del tempo con i propri genitori, e che la separazione di questi ultimi non debba inficiare il rapporto genitore-figlio.

La legge, a sostegno della bigenitorialità, ha da tempo ormai previsto l’affido condiviso del minore, con prevalente collocamento presso uno di essi e diritto di visita dell’altro.

Spesso nelle aule di giustizia si da quasi per scontato che i figli, per natura, debbano essere affidati alla madre, quasi a svilire la figura paterna, come se un padre fosse incapace di gestire un figlio da solo se lo stesso fosse collocato prevalentemente presso di lui.

Tante volte accade che un minore, in età adolescenziale e quindi capace di discernere, preferisca stare con un genitore piuttosto che con l’altro.

Ad un bambino infra-dodicenne tale possibilità di ascolto viene spesso negata e il fatto che debba darsi per scontato che il minore possa trovare una collocazione migliore presso la madre, talvolta a prescindere da qualsiasi valutazione nel merito, o a parità di capacità genitoriale, trovo sia iniquo.

La legge tutela sempre il minore?

Come poc’anzi detto l’ascolto del minore è una delle tutele maggiori che l’ordinamento giuridico fornisce a tutela dello stesso, il quale diviene parte del procedimento, e dovrebbe almeno in linea teorica evitare che il figlio divenga mero oggetto di contese fra i genitori o pretesto per ripicche e vendette.

Tuttavia, non sempre l’ascolto del minore appare scevro da condizionamenti agli occhi del Giudice, poiché la volontà dello stesso potrebbe essere inficiata dalla conflittualità fra i genitori che impedirebbero allo stesso di manifestarla liberamente.

In tali casi, permane sempre quindi un margine di discrezionalità da parte degli organi giudicanti su una sfera particolarmente delicata e personale che, seppure supportata da CTU, a mio modo di vedere non appare sempre condivisibile, e soprattutto non capace di tutelare al 100% l’interesse del minore.

Quali sono i percorsi e il sostegno a cui hanno accesso le famiglie in caso di separazione?

In caso di separazione le famiglie hanno accesso ai percorsi a sostegno della genitorialità, i quali si prefiggono il precipuo obiettivo di comprendere e migliorare il rapporto genitori- figli, aumentando nei genitori la consapevolezza dell’importanza di tale compito e permettendogli di acquisire una maggiore contezza dei reali bisogni dei figli in relazione alla loro età.

Tali percorsi risultano fondamentali nella gestione della conflittualità impedendo che i figli vengano coinvolti/strumentalizzati. Ovviamente tale mediazione familiare a sostegno della genitorialità è un percorso assolutamente volontario, anche nei casi in cui lo stesso venga sollecitato da un Giudice, pertanto, i genitori hanno facoltà dopo il primo incontro di autodeterminarsi e decidere se concedersi questa opportunità intraprendendo il percorso della separazione con maturità e consapevolezza nell’interesse primario dei figli.

Se un matrimonio o una convivenza fallisce si può finire di essere coniugi o compagni di vita, tuttavia con la nascita di un figlio anche dopo una separazione non si finisce di essere genitori, e non ci si può permettere di fallire in tale ruolo. La mediazione familiare e i percorsi a sostegno della genitorialità fanno si che nel conflitto creatosi da una separazione non vi sia fra i coniugi un perdente e un vincitore ma che entrambi escano vittoriosi insieme.

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