Il contributo letterario di Liliana Cannavò per la lotta allo stigma sulla salute mentale

Liliana Cannavò, psicologa e psicoterapeuta, fra pochi giorni sarà in libreria con il suo ultimo romanzo. Come mai un libro sullo stigma della malattia mentale?

Lavorando in psichiatria da molti anni, mi sono resa conto che, rispetto al passato, oggi purtroppo non è cambiato molto il modo di concepire il cosiddetto ‘malato di mente’. Egli è infatti ancora considerato, dalla nostra società, una persona “diversa” e “pericolosa”, insomma da tenere a debita distanza. La gente, probabilmente, ha paura della malattia mentale, e finisce per fare di tutta l’erba un fascio, considerando matto anche chi non lo è. Il risultato è che molte di queste persone che potrebbero avere una vita normale, non ce l’hanno, perché devono fare i conti con i tanti pregiudizi come l’essere considerati matti, inguaribili, strambi e imprevedibili. Non chiamatemi matta è il mio piccolo contributo in forma letteraria per diffondere il grido di dolore di chi vive una vita da stigmatizzato matto.

Certamente un tema molto difficile da trattare quello sullo stigma della malattia mentale. Reso sotto forma di romanzo, però, diventa più leggero e più fruibile da parte del lettore. Come è riuscita a romanzare quello che sostanzialmente potrebbe essere la sintesi dei casi da lei trattati nella sua professione?

La mia ‘penna‘ è stata diretta, o se vogliamo, “romanzata” dai tanti racconti dei miei pazienti, in un mix di tecnica, stile narrativo e fantasia. Mi piace dire che ho messo insieme i loro piccoli cuori tristi, dando loro una voce e un volto. Adelina Parodi, la protagonista, per tutti è una “matta”, ma di fatto non lo è. Questo tremendo stigma che si porta nell’anima e nel cuore, soltanto perché soffre di un lieve disturbo dell’umore, cambierà il corso della sua vita. È un personaggio vivace, solare ma allo stesso tempo profondo e di grande spessore emotivo, che invita il lettore a non smettere mai di lottare per una vita migliore. Il romanzo pur affrontando una tematica sociale molto delicata, è comunque privo di tecnicismi vari e si fa leggere anche dai non addetti ai lavori. 

Scopri chi è l’autrice – Liliana Cannavò

Come in tutti i romanzi anche nel suo si parla d’amore e non solo di malattia e di matti.

Assolutamente sì! Adelina vivrà una straordinaria storia d’amore e passione che farà sognare l’amore con la a maiuscola; quello vero, profondo e speciale. Insomma quel tipo di amore che tutti vorremmo vivere almeno una volta nella vita.

Ritiene che il suo romanzo, Non chiamatemi matta, possa essere utile a chi, e sono tanti in Italia, soffre di questi disturbi?

Credo proprio di sì, ma non soltanto a loro perché la storia di Adelina è in fondo una storia di vita quotidiana, di vissuti e di speranze. Ci insegna che tutti cadiamo, o siamo caduti almeno una volta nella vita, ma c’è chi rimane in terra continuando a lamentarsi e chi, invece, nonostante i graffi e le ferite, si rialza, lotta e non si arrende. Come dire, quando la vita rovescia la nostra barca e lì che dobbiamo nuotare e resistere. Adelina non riuscirà a cambiare la società in cui vive, ma riuscirà a cambiare se stessa e la sua vita. Il suo mantra sarà: “Forza e coraggio sempre e comunque”.

Ogni buon libro tra le righe vuole dare un messaggio a chi legge, qual è il messaggio che dà ai suoi lettori Liliana Cannavò?
Con questo contemporary romance mi auguro di scuotere le coscienze di chi, con troppa leggerezza, spesso ci giudica o ci condanna senza appello. In fondo, se ci pensiamo bene, è la storia di tutti noi. Perché, alzi la mano chi di noi non è mai stato, almeno una volta nella vita, oggetto di maldicenze, offese, o ingiuste dicerie? Ma è soprattutto una storia che ci invita a riflettere su come noi, cosiddetti ‘normali‘, facciamo vivere e spesso soffrire i cosiddetti “matti da legare”.

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